Ho avuto paura della
morte
paura dei tuoi paradisi
tu eri la mia ape
poggiavi su di me
con la tua benevolenza
e suggevi dal fiore
delle mie rime
tutto il mite coraggio.
Tu mi eri fratello
ed eri anche poesia…
Ma perderti così
per banale allegria
per la morte irridente
o compagno di sogni
che cosa avrei io
fatto!
Non son donna da
piangere la stele
né i silenzi dei
cimiteri
io sono donna di amore
e tu lo sai bene
che cosa avrei fatto
io?
Ti avrei rincorso nei
sogni
lo so, e poi,
lentamente
sarei scivolata nel
sonno
nel sonno della follia
e lì, amandoti per
sempre,
io sarei morta di
amore.
di Alda Merini - da DESTINATI A MORIRE, Poesie vecchie e nuove,
1980
“Si trascura spesso nelle mie biografie
e nelle interviste il mio matrimonio con Ettore, durato una quarantina d’anni,
che viene ad essere confuso con quell’atroce silenzio di cui mi si fa carico.
In realtà solo dieci di questi trentanove anni furono passati in casa di cura e
soffro quando sento che lo si vuole accusare di aver lasciato che mi
ricoverassero, perché non credo che avrebbe voluto regalarmi quelle atrocità.
Anche le mie figlie sono d’accordo nel ricordare un padre amorevole e premuroso
sebbene assolutamente incapace di badare alle faccende di casa. […] Mio marito
Ettore era un uomo virtuoso, elementare se per elementare si intendono gli
elementi della natura. Non era un eroe di leggenda costruito sulla falsariga di
ignobili date. Il suo realismo mi tenne sempre in piedi.
Alda Merini, Reato di vita, 1994
Ad Ettore ... suo marito
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