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martedì 25 settembre 2012

ad Ettore




Ho avuto paura della morte
paura dei tuoi paradisi
tu eri la mia ape
poggiavi su di me
con la tua benevolenza
e suggevi dal fiore delle mie rime
tutto il mite coraggio.
Tu mi eri fratello
ed eri anche poesia…
Ma perderti così
per banale allegria
per la morte irridente
o compagno di sogni
che cosa avrei io fatto!
Non son donna da piangere la stele
né i silenzi dei cimiteri
io sono donna di amore
e tu lo sai bene
che cosa avrei fatto io?
Ti avrei rincorso nei sogni
lo so, e poi, lentamente
sarei scivolata nel sonno
nel sonno della follia
e lì, amandoti per sempre,
io sarei morta di amore.

di Alda Merini - da  DESTINATI A MORIRE, Poesie vecchie e nuove, 1980

“Si trascura spesso nelle mie biografie e nelle interviste il mio matrimonio con Ettore, durato una quarantina d’anni, che viene ad essere confuso con quell’atroce silenzio di cui mi si fa carico. In realtà solo dieci di questi trentanove anni furono passati in casa di cura e soffro quando sento che lo si vuole accusare di aver lasciato che mi ricoverassero, perché non credo che avrebbe voluto regalarmi quelle atrocità. Anche le mie figlie sono d’accordo nel ricordare un padre amorevole e premuroso sebbene assolutamente incapace di badare alle faccende di casa. […] Mio marito Ettore era un uomo virtuoso, elementare se per elementare si intendono gli elementi della natura. Non era un eroe di leggenda costruito sulla falsariga di ignobili date. Il suo realismo mi tenne sempre in piedi.
Alda Merini, Reato di vita, 1994

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