ebooks Voci di Poesia

giovedì 1 novembre 2012

E noi grandi poeti




E noi grandi poeti
assunti alla liquida razza
di questo incosciente Naviglio
che nutre eroi da strapazzo
con ampie feluche di delitti,
noi che accampiamo quel desiderio vitale
di essere puri al di fuori di tutto
abbiamo fiducia che le pietre volino
di sotto ai vecchi pontili.

Alda Merini
da Ballate non pagate, 1995

Resta pur sempre a me




Resta pur sempre a me quella parola
che non ti ho detto e che mi fa soffrire
cosa languente cosa morta e sola
ma come posso amore dirti e dire
che cosa m’aggredisce se son sola,
cosa più che di te mi fa patire
o io mi sento come una morta viola
che nessuno raccoglie e fa perire
dentro la terra senza che bellezza
venga mai vista in lei, senza che ampiezza
compia sopra ‘sto fiore il suo periglio
però a grazia d’amore io mi appiglio.

da Il canto ferito
Alda Merini

lunedì 29 ottobre 2012

L'altra verità. Diario di una diversa


da "L'altra verità. Diario di una diversa." di Alda Merini

«Quando venni ricoverata per la prima volta in manicomio, ero poco più di una bambina, avevo sì due figlie e qualche esperienza alle spalle, ma il mio animo era rimasto semplice, pulito, in attesa che qualche cosa di bello si configurasse al mio orizzonte; del resto, ero poeta e trascorrevo il mio tempo tra le cure delle mie figlie e il dare ripetizione a qualche alunno, e molti ne avevo che venivano e rallegravano la mia casa con la loro presenza e le loro grida gioiose.
Insomma, ero una sposa e una madre felice, anche se talvolta davo segni di stanchezza e mi si intorpidiva la mente. Provai a parlare di queste cose a mio marito, ma lui non fece cenno di comprenderle e così il mio esaurimento si aggravò e, morendo mia madre, alla quale io tenevo sommamente, le cose andarono di male in peggio, tanto che un giorno, esasperata dall'immenso lavoro e dalla continua povertà e poi, chissà, in preda ai fumi del male, diedi in escandescenze e mio marito non trovò di meglio che chiamare un'ambulanza, non prevedendo certo che mi avrebbero portata in manicomio.


Fu lì che credetti di impazzire
Ma allora le leggi erano precise e stava di fatto che ancora nel 1965 la donna era soggetta all'uomo e che l'uomo poteva prendere delle decisioni per ciò che riguardava il suo avvenire.
Fui quindi internata a mia insaputa, e io nemmeno sapevo dell'esistenza degli ospedali psichiatrici perché non li avevo mai veduti, ma quando mi ci trovai nel mezzo credo che impazzii sul momento stesso: mi resi conto di essere entrata in un labirinto dal quale avrei fatto molta fatica a uscire.

Mi ribellai. E fu molto peggio
La sera vennero abbassate le sbarre di protezione e si produsse un caos infernale. Dai miei visceri partì un urlo lancinante, una invocazione spasmodica diretta ai miei figli e mi misi a urlare e a calciare con tutta la forza che avevo dentro, con il risultato che fui legata e martellata di iniezioni calmanti.
Non era forse la mia una ribellione umana? Non chiedevo io di entrare nel mondo che mi apparteneva? Perché quella ribellione fu scambiata per un atto di insubordinazione? Un po' per l'effetto delle medicine e un po' per il grave shock che avevo subito, rimasi in istato di coma per tre giorni e avvertivo solo qualche voce, ma la paura era scomparsa e mi sentivo rassegnata alla morte.

Quella scarica senza anestesia
Dopo qualche giorno, mio marito venne a prendermi, ma io non volli seguirlo. Avevo imparato a riconoscere in lui un nemico e poi ero così debole e confusa che a casa non avrei potuto far nulla.
E quella dissero che era stata una mia seconda scelta, scelta che pagai con dieci anni di coercitiva punizione. Il manicomio era sempre saturo di fortissimi odori. Molta gente addirittura orinava e defecava per terra. Dappertutto era il finimondo. Gente che si strappava i capelli, gente che si lacerava le vesti o che cantava sconce canzoni.
Noi sole, io e la Z., sedevamo su di una pancaccia bassa, con le mani raccolte in grembo, gli occhi fissi e rassegnati e in cuore una folle paura di diventare come quelle là.
In quel manicomio esistevano gli orrori degli elettroshock. Ogni tanto ci assiepavano dentro una stanza e ci facevano quelle orribili fatture. Io le chiamavo fatture perché non servivano che ad abbrutire il nostro spirito e le nostre menti. La stanzetta degli elettroshock era una stanzetta quanto mai angusta e terribile; e più terribile ancora era l'anticamera, dove ci preparavano per il triste evento.
Ci facevano una premorfina, e poi ci davano del curaro, perché gli arti non prendessero ad agitarsi in modo sproporzionato durante la scarica elettrica. L'attesa era angosciosa. Molte piangevano. Qualcuna orinava per terra.
Una volta arrivai a prendere la caposala per la gola, a nome di tutte le mie compagne. Il risultato fu che fui sottoposta all'elettroshock per prima, e senza anestesia preliminare, di modo che sentii ogni cosa. E ancora ne conservo l'atroce ricordo».

Alda Merini


lunedì 22 ottobre 2012

Liberatemi il cuore


Liberatemi il cuore
da questa assurda stagione d'amore
piena di segreti ricordi.
La sua bellezza come un sandalo d'oro

mi ha colpito la fronte
in cima ai miei pensieri.
La sua bellezza, unica al mondo possibile,
e il suo giovane cuore
buttato tra le siepi delle mie povere cose
mi hanno donato la speranza del fiore.
Lui stesso è un fiore, madre,
un fiore di giovinezza,
il fiore del gaudio e del demonio,
il fiore della mia lenta stagione.
Lui stesso è zolla, madre,
ma le zolle vogliono essere fecondate
e io non ho semi.


Merini Alda (Milano 1931) da ballate non pagate

Le mie impronte digitali




Le mie impronte digitali
prese nel manicomio
hanno perseguitato le mie mani
come un rantolo che salisse
la vena della vita,
quelle impronte digitali dannate
sono state registrate nel cielo
e vibrano insieme ahimè
alle stelle dell'Orsa maggiore.

Alda Merini


sabato 13 ottobre 2012

Anche tu sei un uomo


Anche tu sei un uomo, ma non solo uomo,
un giardino:
ti fanno compagnia le lunghe amache
i caldi tropicali, le Azzorre.
Ma tutto in te è magnifica Grecia,
non hai la perspicacia di Ulisse
non hai la malizia degli uomini,
ma sei silenzioso e caldo
come la matrice di un giunco.

Alda Merini

Amleto di carta



Tu Amleto di carta sei una perla che ha visto la morte.
Un giorno tanti anni fa quando hai visto una donna hai pensato
che fosse la tua fede in Dio.
Era bella ma era amara come tutte le sorti dell'uomo.
Come amante eri un saggio
bevendo lei hai bevuto la sua cicuta.
Come era amara e come era dolce.
Possedendo lei hai sentito nel suo grembo
la polvere di tante strade
hai visto rose e cancelli, cancelli e rose.
Possedendo lei hai capito che la vita era uno sbaglio
e che solo l'amore è la vera tragedia dell'uomo.
Non eri mai stato un uomo
e lei non era mai stata una donna.
Il fatto è che uniti dalle vostre mani
avevate scoperto che eravate grandi come l'universo.
Il vostro errore è stato quello di scoprire la verità.
Tu oggi sei morto
ma non è che sei morto perchè hai una sepoltura
ma perchè hai mangiato, digerito e amato il suo cuore
come si mangia la luna e il sole.
Tu sei diventato il re dell'universo, tu sei impazzito d'amore.
Ti piace sentirla lontana dal tuo martirio
dalla tua veloce bocca che è sempre un figlio
un condottiero segreto che naviga il dolore come un gaudio.
Ma poi un giorno avete scoperto una terra
dove non abitava nessuno e lì avete messo la tenda dell'amore.
Avete mangiato i vostri pensieri come una cacciagione.
Come sono belli i pensieri d'amore
sono colombe alte di cui si mangiano anche le piume.
Eppure il cuore del vostro cuore non è una statua solitaria
ma un occhio in cui tanti guardano
per concepire il paradiso della pace.
Tu e lei siete morti in questo silenzio
ma la vostra sepoltura non è mai esistita

Alda Merini

giovedì 4 ottobre 2012

Per una rosa




Vorrei essere te, così violenta 
così aspra d'amore, 
così accesa di vene di bellezza 
e così castigata.
Vorrei essere te: sola è piovuta 
una splendida frase musicale 
dalle mani di Dio quando protese 
dentro l'abbraccio della creazione 
spaventava ogni nulla 
e il cammino degli esseri incalzava.

TU SEI PAUSA DI DIO: DIO IN TE RIPOSA.

Alda Merini

lunedì 1 ottobre 2012

Aforismi








Ai giovani



Bella ridente e giovane
con il tuo ventre scoperto,
e una medaglia d'oro
sull'ombelico,
mi dici che fai l'amore ogni giorno
e sei felice e io penso che il tuo ventre
è vergine mentre il mio
è un groviglio di vipere
che voi chiamate poesia
ed è soltanto tutto l'amore
che non ho avuto
vedendoti io ho maledetto
la sorte di essere un poeta.

Alda Merini

Sono nata il ventuno a primavera


Sono nata il ventuno a primavera
ma non sapevo che nascere folle,
aprire le zolle
potesse scatenar tempesta.
Così Proserpina lieve
vede piovere sulle erbe,
sui grossi frumenti gentili
e piange sempre la sera.
Forse è la sua preghiera.

Alda Merini

Ero matta in mezzo ai matti



Ero matta in mezzo ai matti.
I matti erano matti nel profondo, alcuni molto intelligenti.
Sono nate lì le mie più belle amicizie.
I matti son simpatici, non così i dementi,
che sono tutti fuori, nel mondo.
I dementi li ho incontrati dopo, quando sono uscita.

Alda Merini

martedì 25 settembre 2012

ad Ettore




Ho avuto paura della morte
paura dei tuoi paradisi
tu eri la mia ape
poggiavi su di me
con la tua benevolenza
e suggevi dal fiore delle mie rime
tutto il mite coraggio.
Tu mi eri fratello
ed eri anche poesia…
Ma perderti così
per banale allegria
per la morte irridente
o compagno di sogni
che cosa avrei io fatto!
Non son donna da piangere la stele
né i silenzi dei cimiteri
io sono donna di amore
e tu lo sai bene
che cosa avrei fatto io?
Ti avrei rincorso nei sogni
lo so, e poi, lentamente
sarei scivolata nel sonno
nel sonno della follia
e lì, amandoti per sempre,
io sarei morta di amore.

di Alda Merini - da  DESTINATI A MORIRE, Poesie vecchie e nuove, 1980

“Si trascura spesso nelle mie biografie e nelle interviste il mio matrimonio con Ettore, durato una quarantina d’anni, che viene ad essere confuso con quell’atroce silenzio di cui mi si fa carico. In realtà solo dieci di questi trentanove anni furono passati in casa di cura e soffro quando sento che lo si vuole accusare di aver lasciato che mi ricoverassero, perché non credo che avrebbe voluto regalarmi quelle atrocità. Anche le mie figlie sono d’accordo nel ricordare un padre amorevole e premuroso sebbene assolutamente incapace di badare alle faccende di casa. […] Mio marito Ettore era un uomo virtuoso, elementare se per elementare si intendono gli elementi della natura. Non era un eroe di leggenda costruito sulla falsariga di ignobili date. Il suo realismo mi tenne sempre in piedi.
Alda Merini, Reato di vita, 1994

giovedì 20 settembre 2012

Ti aspetto e ogni giorno...


Ti aspetto e ogni giorno
mi spengo poco per volta
e ho dimenticato il tuo volto.
Mi chiedono se la mia disperazione
sia pari alla tua assenza
…no, è qualcosa di più:
è un gesto di morte fissa
che non ti so regalare.

Alda Merini da “Clinica dell’abbandono”

martedì 11 settembre 2012

Alda Merini per gli eventi dell’11 settembre



O New York notturna del nostro amore
così decapitata, ogni tua luce
è stata il vagito della nostra poesia.
Tu non puoi morire quando sogni
poichè noi italiani ti abbiamo
cullato tra le nostre braccia.
Penso che l'amore sia una grande torre
una torre addormentata nel cuore della notte.
Ma questi giganti che ormai non parlano più
hanno sepolto sotto le loro macerie
anche i nostri sospiri d'amore,
"quando la sera si stendeva sopra un tavolo
come un paziente in preda alla narcosi"

Alda Merini


Oh nocturnal New York of our love
Thus decapitated, each night-light
Has been the cry of our poesy.
You can not wither in your dream
For we Italians have
Rocked you in our arms.
I think that love is a great tower
A sleeping tower in the dead of night.
But these giants who forever will be silent
Have entombed beneath their rubbles
Our sighs of love with them,
"When the night lay upon a table
As a patient yielding to narcosis"

Alda Merini

lunedì 3 settembre 2012

Paura dei tuoi occhi



Paura dei tuoi occhi,
di quel vertice puro
entro cui batte il pensiero,
paura del tuo sguardo
nascosto velluto d'algebra
col quale mi percorri,
paura delle tue mani
calamite leggere
che chiedono linfa,
paura dei tuoi ginocchi
che premono il mio grembo
e poi ancora paura
sempre sempre paura,
finché il mare sommerge
questa mia debole carne
ed io giaccio sfinita
su te che diventi spiaggia
e io che divento onda
che tu percuoti e percuoti
con il tuo remo d' Amore.

Alda Merini
da: Il volume del canto

domenica 26 agosto 2012

Chi furbescamente...


Forse bisogna essere morsi



Forse bisogna essere morsi
da un'ape velenosa
per mandare messaggi
e pregare le pietre
che ti mandino luce;
per questo io sono scesa
nei giardini del manicomio,
per questo di notte saltavo
i recinti vietati
e rubavo tutte le rose
e poi...
prima di morire al mio giorno
o notte, o lunga notte
di solitudine assente,
o devastati giardini
dove io sola vivevo
perché l'indomani sarei
morta ancora di orrore
ma la sera, oh la sera
nei giardini del manicomio
a volte io facevo all'amore
con uno disperato come me
in una grotta di orrore.

Alda Merini

Il dottore agguerrito



Il dottore agguerrito nella notte
viene con passi felpati alla tua sorte,
e sogghignando guarda i volti tristi
degli ammalati, quindi ti ammannisce
una pesante dose sedativa
per colmare il tuo sonno e dentro il braccio
attacca una flebo che sommuova
il tuo sangue irruente di poeta.
Poi se ne va sicuro, devastato
dalla sua incredibile follia
il dottore di guardia, e tu le sbarre
guardi nel sonno come allucinato
e ti canti le nenie del martirio.


Alda Merini

Il racconto dell'anima


La parola non è animata dal genio


Ape regina



Accarezzami musica
scorri su me come acqua d'argilla,
scorri sulla mia bianca pietà:
io sono innamorata di un aedo,
sono innamorata del cosmo tutto,
sono piena d'amore
sono l'ape regina
col ventre gonfio dei due golfi perfetti,
dolcissimo chiaro preludio
a una polluzione d'amore.
L'uomo scorre sulle mie bianche viscere
non s'innamora mai
perchè sono accademia di poesia.

Alda Merini

martedì 31 luglio 2012

San Francesco



Gli alberi tutti, gioia della terra,
hanno ferme radici
nella tristezza d’ogni poverello;
io li ho colpiti ai margini con grazia,
togliendo forza ad ogni fantasia.
Spazio non ho più dentro le pupille
ma sicurezza d’ogni cosa pura,
ma minuzia d’oggetti
che apprezzo, sollevandoli nel fuoco
della mia carità senza confini.
L’uomo non soffre attorno a sé una fine,
ma io ho un chiaro disegno
di povertà come una veste ardita
che mi chiude entro sfere di parole,
di parole d’amore,
che indirizzo agli uccelli, all’acqua, al sole
e che mi rendo tutte assai precise,
premeditata morte di dolcezza.

Alda Merini

Anima che si traduce



Anima che si traduce
in qualcosa che la mente
non ha più il diritto di conoscere
e di santificare,
anima impropria,
anima che non dà profumo, 
anima che non ha più estasi, 
anima che diventa soltanto un'onda
di fronte a un mare intero in burrasca.

Alda Merini
(da La Carne Degli Angeli)

Ieri ho sofferto il dolore



Ieri ho sofferto il dolore,
non sapevo che avesse una faccia sanguigna,
le labbra di metallo dure,
una mancanza netta d'orizzonti.
Il dolore è senza domani,
è un muso di cavallo che blocca
i garretti possenti,
ma ieri sono caduta in basso,
le mie labbra si sono chiuse
e lo spavento è entrato nel mio petto
con un sibilo fondo
e le fontane hanno cessato di fiorire,
la loro tenera acqua
era soltanto un mare di dolore
in cui naufragavo dormendo,
ma anche allora avevo paura
degli angeli eterni.
Ma se sono così dolci e costanti,
perchè l'immobilità mi fa terrore?

(da "La terra santa")

martedì 24 luglio 2012

Solo una mano d'angelo


Solo un mano d'angelo
intatta di sè, del suo amore per sè,
potrebbe
offrirmi la concavità del suo palmo
perché vi riversi il mio pianto.
La mano dell'uomo vivente
è troppo impigliata nei fili dell'oggi e dell'ieri,
è troppo ricolma di vita e di plasma di vita!
Non potrà mai la mano dell'uomo mondarsi
per il tranquillo pianto del proprio fratello!
E dunque, soltanto una mano di angelo bianco
dalle lontane radici nutrite d'eterno e d'immenso
potrebbe filtrare serena le confessioni dell'uomo
senza vibrarne sul fondo in un cenno di viva ripulsa.

Alda Merini (da Paura di Dio)
in foto: gli antenati di Cristo (Cappella Sistina - Michelangelo)

lunedì 23 luglio 2012

La carne e il sospiro (a Sergio Bagnoli)



Io sono la tua carne,
la carne eletta del tuo spirito. 
Non potrai mai visitarmi nel giorno 
prima che il puro lavacro del sogno
mi abbia incenerita per restituirmi a te in pagine di poesia,
in sospiri di lunga attesa.
Temo per il mio dolore,
come se la tua dolcezza 
potesse farlo morire
e privarmi così di quel paesaggio misterioso
che sono i ricordi.
Sono piena di riti
e della logica dei ricordi
che viene dopo, quando si affaccia alla mia vita
il rendiconto della verità giornaliera,
il sogno affogato nell’acqua.
Sono misteriosa come tutti,
ogni mio movimento è un miracolo
e tu lo sai,ma il grande passo
che io possa fare è quello di venire da te
(un viaggio infinito senza ristoro,
forse un viaggio che mi porterebbe a morire 
perché io sono il canto e la lunga strada).
Il canto muore, va a morire
nelle viscere della terra 
perché io sono la misura
del tuo grande spettacolo di uomo;
sono lo spettatore vivo
delle tue rimembranze ma anche l’insetto,
l’animale che sogna e che divora.
Prima della poesia viene la pace,
un lago sempiterno e pieno
sopra il quale non passa nulla,
neanche un veliero; 
prima della poesia viene la morte,
qualche cosa che balza e rimbalza
sopra le acque; il lungo cammino
di una folla di genio e di malizia
che porta lontano,
ma io e te siamo soli
come se fossimo stati creati 
primi e per la prima volta;
io e te siamo riemersi dal fango della folla
e giornalmente tentiamo di rimanere soli
in questa risma di carte
che è il grande spettacolo dei vivi.
Io e te siamo esangui,
senza voglia di finire questo incantesimo.
Incolori e indomiti, siamo soli
nel limbo del nostro piacere 
perché io e te
siamo pieni di amore carnale,
io e te.

da La volpe e il sipario
Alda Merini

L'anima non sente dolore



L'anima non sente dolore.
L'unico dolore che può stare alla pari con l'anima è il suo esilio, la sua involontaria inadempienza.
Chi può veramente sentire dolore è la mente, la mente e il cuore; però l'anima ha un potere soprannaturale: può morire in vita, può dimenticarsi del proprio corpo e della propria schiavitù, può perdere di vista il candore della sua ricerca, quel muro di affanno e di colpa che per tanto tempo ha cercato di inaridire senza mai riuscirvi.
L'anima quindi sarà figlia di nessuno ma anche figlia di se stessa e anche vegetazione sublime della sapienza di Dio, della sua intima felicità.

da "L’anima innamorata"
 Alda Merini

Le dune del canto



Le dune del canto si sono chiuse,
o dannata magia dell'universo,
che tutto può sopra una molle sfera.
Non venire tu quindi al mio passato,
non aprirai dei delta vorticosi,
delle piaghe latenti, degli accessi
alle scale che mobili si dànno
sopra la balaustra del declino;
resta, potresti anche essere Orfeo
che mi viene a ritogliere dal nulla,
resta o mio ardito e sommo cavaliere,
io patisco la luce, nelle ombre
sono regina ma fuori nel mondo
potrei essere morta e tu lo sai
lo smarrimento che mi prende pieno
quando io vedo un albero sicuro.

da Terra sacra
Alda Merini

lunedì 25 giugno 2012

Il manicomio è una grande cassa



Il manicomio è una grande cassa
con atmosfere di suono
e il delirio diventa specie,
l'anonimità misura,
il manicomio è il monte Sinai
luogo maledetto
sopra cui tu ricevi
le tavole di una legge
agli uomini sconosciuta.

Alda Merini (da La Terra Santa) - 2

lunedì 18 giugno 2012

Superba è la notte



La cosa più superba è la notte
quando cadono gli ultimi spaventi
e l'anima si getta all'avventura.
Lui tace nel tuo grembo
come riassorbito dal sangue
che finalmente si colora di Dio
e tu preghi che taccia per sempre
per non sentirlo come rigoglio fisso
fin dentro le pareti.

Alda Merini

Gaspara Stampa



Inutile dare le proprie confetture a una bocca amara,
Gaspara, e le tue grazie che incantavano anche le muse
a un misero cacciatore di frutti
a un saltatore di piante,
per questo inaudito errore tu invocasti la morte
che ti ridesse la tua dignità.

Alda Merini

martedì 12 giugno 2012

Mi hanno detto che la mia poesia non ha centro



Mi hanno detto che la mia poesia non ha centro
che è come un'incandescenza pura
e che alla fine non genera figura...
Ma io sono il Nilo che a volte straripa,
straripando può mettere paura
ma dopo ti fa crescere la rosa
e l'indole dell'Egitto...

da Il canto ferito (Alda Merini)

lunedì 11 giugno 2012

Non vedrò mai Taranto bella



Non vedrò mai Taranto bella
non vedrò mai le betulle
né la foresta marina:
l'onda è pietrificata
e le piovre mi pulsano negli occhi.
Sei venuto tu, amore mio,
in una insenatura di fiume,
hai fermato il mio corso
e non vedrò mai Taranto azzurra,
e il mare Ionio suonerà le mie esequie.

da Poesie per Charles (Alda Merini)

O il veleggiare del tuo caldo pensiero



O il veleggiare del tuo caldo pensiero
sopra la mia parola
  e il tuo dormire selvaggio
  accanto al mio seno vivo;
o l’adombrarsi della primavera
quando cade il suono del seme
sulla terra feconda di parola.
Così tu sei l’esempio
  del sole mio.

da Poesie per Charles (di Alda Merini)

Il ritmo ottunde le mie povere idee




  Il ritmo ottunde le mie povere idee
  a me piacciono i revivals dei negri,
  la loro segreta esuberanza:
se fossi vissuta in Africa,
avrei danzato attorno a un fuoco
dicendo ch’era il mio Dio.
  Poiché son nata in Italia,
  ballo intorno al tuo corpo
  la danza dello stregone
affinché tu risorga
  a risanarmi l’anima.
Ma nessuno che mi accompagni
con cembali o trombe dorate;
forse soltanto gli angeli
  hanno pietà di un carme solitario.
Ho vergogna delle notti che hanno invaso il piacere,
  vergogna di me stessa e paura,
  che possa ancora ripetersi
che io diventi acqua
  e che tu mi beva dal limbo
  della tua luce segreta.
O ruscelletto mio, accorta voragine di sogno,
paradiso tremulo dei miei carmi,
  portami alla tua serra,
che io muoia del profumo dei fiori,
  irripetibile terra
  di un amore ferito.

da Poesie per Charles (Alda Merini)

mercoledì 23 maggio 2012

per Giovanni Falcone



La mafia sbanda,
la mafia scolora
la mafia scommette,
la mafia giura
che l'esistenza non esiste,
che la cultura non c'è,
che l'uomo non è amico dell'uomo.
La mafia è il cavallo nero
dell'apocalisse che porta in sella
un relitto mortale,
la mafia accusa i suoi morti.
La mafia li commemora
con ciclopici funerali:
così è stato per te, Giovanni,
trasportato a braccia da quelli
che ti avevano ucciso.

da  Ipotenusa d'amore

martedì 22 maggio 2012

Il gobbo



Dalla solita sponda del mattino
io mi guadagno palmo a palmo il giorno:
il giorno dalle acque così grigie,
dall'espressione assente.
Il giorno io lo guadagno con fatica
tra le due sponde che non si risolvono,
insoluta io stessa per la vita
... e nessuno m'aiuta.
Mi viene a volte un gobbo sfaccendato,
un simbolo presago d'allegrezza
che ha il dono di una stana profezia.
E perché vada incontro alla promessa
lui mi traghetta sulle proprie spalle.

Alda Merini
22 dicembre 1948

Luce (a Giacinto Spagnoletti)



Chi ti descriverà, luce divina
che procedi immutata ed immutabile
dal mio sguardo redento?
Io no: perché l'essenza del possesso
di te è "segreto" eterno e inafferrabile;
io no perché col solo nominarti
ti nego e ti smarrisco;
tu, strana verità che mi richiami
il vagheggiato tono del mio essere.

Beata somiglianza,
beatissimo insistere sul giuoco
semplice e affascinante e misterioso
d'essere in due e diverse eppure tanto
somiglianti; ma in questo
è la chiave incredibile e fatale
del nostro "poter essere" e la mente
che ti raggiunge ove si domandasse
perché non ti rapisce all'Universo
per innalzare meglio il proprio corpo,
immantinente ti dissolverebbe.

Si ripete per me l'antica fiaba
d'Amore e Psiche in questo possederci
in modo tanto tenebrosamente
luminoso, ma, Dea,
non sia mai che io levi nella notte
della mia vita la lanterna vile
per misurarti coi presentimenti
emanati dai fiori e da ogni grazia.

Alda Merini
22 dicembre 1949